Su donne e laici al voto nel Sinodo dei Vescovi

Nella giornata di ieri, 26 aprile, è stata pubblicata una nota della segreteria generale del Sinodo che contiene alcune significative modifiche alla composizione dell’assemblea generale del Sinodo che si terrà a Roma nell’ottobre di quest’anno.

Le modifiche sostanziali sono tre: 1) non parteciperanno più come membri VOTANTI 10 religiosi eletti dalle organizzazioni dei Superiori Generali, ma 5 religiosi e 5 religiose a rappresentare Superiore e Superiori Generali. 2) I partecipanti NON VESCOVI (sacerdoti, consacrate(i), diaconi, fedeli laici) non saranno più osservatori, ma membri a tutti gli effetti con diritto di voto e saranno 70. Non saranno eletti, ma nominati. 3) Tra questi 70 membri non vescovi, la metà saranno donne.

In aggiunta si dice che sarà il Papa a indicare i rappresentanti dei Dicasteri che parteciperanno.

Queste novità rappresentano per noi, Donne per la Chiesa, anzitutto un riconoscimento dell’enorme lavoro di advocacy che le organizzazioni cattoliche di donne hanno fatto in questi anni. Noi ci siamo instancabilmente spese nella richiesta che le donne potessero votare ai sinodi a partire dal Sinodo dei giovani del 2018, lavorando con una rete internazionale di associazioni (tra le quali Women’s Ordination Conference, Future Church, Voices of Faith e altre) che ha raccolto più di 10’000 firme su una questione – all’epoca – da addetti ai lavori. Anche in occasione del sinodo sulla Regione Panamazzonica abbiamo richiamato l’attenzione su questa palese ingiustizia.

Oggi, dunque, non possiamo che esprimere apprezzamento per queste modifiche che rappresentano un primo, quantunque timido, segnale d’ascolto nei confronti delle donne.

Restiamo però consapevoli di alcune criticità: innanzitutto in un’assemblea che supererà verosimilmente le 200 unità, le donne votanti saranno al massimo 40, ben lontani dalla parità. In secondo luogo le donne (come i laici presenti) saranno NOMINATE e non ELETTE e il fatto che il documento metta in primo piano tra i criteri di selezione quello della “prudenza” non può che farci dubitare che le istanze delle donne che credono che a pari dignità debbano corrispondere pari diritti saranno rappresentate. Infatti l’esperienza ci dice che già nella prima fase del processo sinodale, le istanze di base delle donne che in tutto il mondo si sono coinvolte nei processi sinodali, sono state spesso derubricate, in favore dei documenti prodotti dai gruppi sinodali “ufficiali” delle Diocesi . Saremo però ben felici di essere smentite e per questo offriamo la disponibilità a partecipare all’Assemblea, non ci mancano “cultura generale … conoscenza, teorica e pratica, oltre alla loro partecipazione a vario titolo nel processo sinodale”. Invece per quanto riguarda la prudenza, se la si intende come capacità di discernimento, bene, se invece si tratta di avallare la politica dei piccoli, anzi microscopici passi, allora effettivamente siamo fuori target.

Infine, il più radicale elemento di criticità riguarda la natura stessa del Sinodo che resta un organo puramente consultivo e ì l’esperienza del sinodo sull’Amazzonia ha mostrato come – anche quando l’assemblea arriva ad approvare un documento finale – non necessariamente il Papa ne trae le conseguenze concrete attuando le riforme richieste. Nonostante le buone intenzioni, non si intacca minimamente un sistema di potere centralizzato e senza organi di controllo e bilanciamento.

In sintesi accogliamo il segnale di attenzione che è stato dato, ne riconosciamo il valore simbolico, ma non potremo dirci soddisfatte finché la Chiesa non sarà quella che Gesù ci ha annunciato, con la sua scelta radicale di affidare il proprio messaggio a uomini e donne, senza distinzione.

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