Coercizione sessuale e stupro coniugale: cosa può fare la Chiesa.

di Melinda Selmys 

(l’articolo è apparso  su Patheos.com, versione originale qui)

traduzione di Paola Lazzarini

Fu dopo la nascita del mio sesto figlio, la mia famiglia aveva preso per qualche giorno gli altri per lasciarmi riposare e riprendere insieme al bambino, mio marito stava bevendo senza controllo. Per giorni si è aggirato per casa infuriato mentre io cercavo di prendermi cura di un neonato. Finché era ancora vicino alla sobrietà, voleva discutere sull’insegnamento sessuale della Chiesa. Quando fu completamente ubriaco il pretesto della discussione teologica cadde e lui dichiarò semplicemente le sue richieste: “Succhiami l’uccello”.

Erano passati sette giorni dal parto, ero ancora dolorante, i miei ormoni erano sulle montagne russe e io ero isolata e terrorizzata. Lo pregai di smettere di bere, ma lui insistette che era impossibile. Stava usando l’alcol per affrontare l’insopportabile frustrazione sessuale che l’insegnamento sessuale cattolico gli stava infliggendo e a cui io lo stavo costringendo con la mia insistenza nel rimanere fedele a quell’insegnamento.

Alla fine, incapace di affrontare la rabbia e il bere, ho ceduto e ho fatto sesso con lui. Ho scelto una posizione che speravo non causasse alcun tipo di infortunio e l’ho fatto “naturalmente” per evitare il peccato mortale.

Fu solo anni più tardi, quando #metoo stava esplodendo su internet, che finalmente riuscii ad ammettere che quello che accadde quel giorno fu uno stupro.

Cattive risposte a domande difficili

L’insegnamento cattolico aveva fatto ben poco per prepararmi a pensare ai miei bisogni o alla mia protezione in una situazione come questa. L’enfasi era sempre sulla natura degli atti e sulla presunzione di colpevolezza. La Chiesa canonizzava costantemente le donne che avevano resistito al sesso fino alla morte. Lo stupro coniugale è stato raramente discusso e quando è venuto fuori era di solito nel contesto di discussioni sul fatto se in primo luogo fosse addirittura una cosa reale.

Anni prima avevo letto un libro che applicava l’etica sessuale cattolica a situazioni di vita concreta. Sono abbastanza sicura che fosse “La via del Signore Gesù: domande morali difficili” di Germain Grisez. L’autore ha risposto alle lettere dei lettori, mostrando come i principi morali cattolici si applicassero alle loro particolari circostanze.

Una delle lettere proveniva da una donna che aveva motivi di salute molto seri per evitare la gravidanza, ma il marito costantemente la faceva pressione e la costringeva a fare sesso durante il periodo fertile mentre stava provando a usare i metodi naturali. Ha chiesto se sarebbe stato giusto usare la contraccezione dato che lei era fondamentalmente oggetto di stupro sponsale. L’autore ha risposto che, in caso di cosiddetto stupro sponsale, la donna di solito acconsentiva, almeno nominalmente, al fine di mantenere la pace nel matrimonio e quindi non veniva realmente violentata.

Spero che quella donna abbia ignorato questo consiglio disastroso, ma io non l’ho fatto. Il risultato è abbastanza chiaro: se non sei letteralmente inchiodata a un letto e costretta a fare sesso contro la tua volontà, sei consenziente e quindi responsabile. La violenza psicologica ed emotiva sono fattori a cui devi resistere coraggiosamente e, se non hai le risorse emotive per farlo, allora sei colpevole per qualsiasi cosa ti accada.

Il debito matrimoniale

A corroborare questo approccio c’è un enorme corpus di tradizione cattolica che limitava severamente il diritto di una donna a dire “no”. Dato che la moglie è l’unico “oggetto legittimo della concupiscenza”, doveva il “debito matrimoniale” a suo marito. Se non riusciva a “rendere il debito”, allora era responsabile di indurlo alla tentazione di peccati gravi come l’infedeltà, la pornografia e la masturbazione.

Questo consentiva agli uomini abusanti di scaricare la responsabilità della propria mancanza di castità sulle proprie mogli. Ricordo che mio marito una volta mi disse che era micidialmente arrabbiato con me perché non poteva ricevere la comunione. Avevamo una lunga serie di astinenze, perché i miei cicli erano irregolari, e lui vedeva come una mia colpa se aveva preso in mano la situazione.

Era in grado di citare l’autorità di San Paolo a Tommaso d’Aquino, dimostrando che gli dovevo il sesso, e sosteneva che era egoista da parte mia sentirmi risentita per questo obbligo. Dopo tutto, l’obbligo della domenica di partecipare alla Messa non era volontario, ma ciò non significava che potessimo avvicinarci all’Eucaristia con risentimento o riluttanza. Il sesso era lo stesso.

Mancanza di consulenza

Durante gli anni in cui ho lottato con questo problema, nessuno compresi i miei confessori, mi ha mai suggerito che il problema era che mio marito mi stava maltrattando. Invece l’attenzione era sul fatto se io stessi peccando o meno, e come avrei potuto evitare di commettere peccato. Anche quando i confessori erano gentili, non mi hanno mai detto che dovevo proteggermi o iniziare a lavorare ad un piano di uscita.

Questo non vuol dire che non vi sia nulla nell’insegnamento cattolico che affronti la violenza sessuale nel matrimonio. Ci sono alcuni commenti velati in Familiaris Consortio, espressi nel linguaggio astratto impenetrabile di Giovanni Paolo II. Con la pubblicazione di Amoris Laetitia è stato finalmente dichiarato chiaramente che l’interpretazione di San Paolo che mio marito aveva usato con prepotenza è in realtà disordinata e che il dominio sessuale è contrario al bene del matrimonio.

Ma questo è raramente discusso. È qualcosa che si trova sepolto al fondo di lunghe encicliche, ma non è in primo piano e centrale come gli altri insegnamenti sul sesso. Invece, ci viene presentato il “buon esempio” di donne sante che hanno salvato l’anima dei loro mariti sopportando pazientemente anni o decenni di abusi. Ci è stato detto di perdonare, perdonare, perdonare e che lo scopo del matrimonio è quello di salvare l’anima del nostro sposo.

Non è chiaro cosa debba fare una donna in una situazione in cui viene sottoposta a pressioni sessuali indesiderate. La maggior parte di ciò che la Chiesa ha pubblicato sulla questione chiarisce che il marito sta peccando, ma dà poco o nessun consiglio alla donna che si trova in questa situazione. Come i miei confessori, la Chiesa riconosce che la donna viene offesa, ma non le dice cosa fare al riguardo.

Un’eccezione, che non ho scoperto fino a dopo che avevo già messo fine al mio matrimonio, è il documento dell’USCCB[1]“When I Call For Help” (“quando chiedo aiuto”) che raccomando vivamente a qualsiasi donna cattolica che pensi di trovarsi in un matrimonio violento, e a qualsiasi prete che lavori con coniugi (maschi o femmine) che potrebbero essere vittime di coercizione o abuso sessuale.

Il potere del riconoscimento

Questo non vuol dire che la testimonianza della Chiesa sia del tutto orribile. Nelle ultime settimane prima che finalmente chiamassi la polizia per il mio ex, ho sentito un sermone che era diverso da qualsiasi altro che avessi sentito prima. La nostra parrocchia locale aveva cambiato gli orari della Messa per accogliere qualche commemorazione e io finii per andare in una piccola parrocchia missionaria a nord di casa nostra.

Il prete aveva un ricco accento caraibico e aprì il suo sermone dicendo che il Canada è una nazione cristiana. Perché? Perché la legge protegge le donne e i bambini. Chiamò mia figlia, che sorrise timidamente per essere stata scelta per questa particolare attenzione, e le posò una mano sulla spalla “Figlioli come questa”.

Era la prima volta che ascoltavo un sermone sulla violenza domestica, tantomeno avevo sentito qualcuno identificare come cristiane e buone le leggi che permettevano alle donne di lasciare un matrimonio abusivo. Mi resi conto di quante volte avevo pensato che il Canada fosse una nazione pagana e che i supporti esistenti per proteggere donne e bambini dagli abusi fossero un attacco ai valori della famiglia e ai diritti dei genitori.

Quel giorno mi sono sentita in un modo che non sentivo da anni. Ho pianto, e sono tornata a casa finalmente sentendomi in pace con l’idea che proteggere me stessa ei miei figli era in realtà un bene, che era cristiano proteggere i vulnerabili e che era giusto vedermi come qualcuno che meritava protezione dalla violenza.

Quel singolo sermone, di qualcuno che non conosceva né me né la mia situazione, mi diede il coraggio di raggiungere le autorità e finalmente ottenere aiuto.

La responsabilità della Chiesa

È molto bello dire che il problema non è l’insegnamento della Chiesa, ma gli uomini violenti, ma se ciò non è accompagnato da un sostegno e da consigli concreti per le donne in situazioni di abuso, allora è solo un rimpallo di responsabilità. La Chiesa deve essere proattiva in merito a questo: aiutare le donne a riconoscere i segnali prima di entrare in matrimoni abusivi, addestrare i confessori a riconoscere i segni di un penitente che ha interiorizzato la colpa per la sua condizione di vittima e che confessa l’abuso subìto come se fosse un suo peccato.

Deve anche essere riconosciuto e affermato che la tradizione cattolica include una serie di appigli che le persone abusive possono usare per esercitare pressioni o controllare le loro vittime e che deve essere intrapresa una campagna attiva per smantellare queste idee tossiche. È un problema enorme se un ragazzo cattolico che è ben preparato nell’insegnamento della Chiesa può convincersi che la masturbazione è un peccato grave, ma che fare pressione sulla moglie per fare sesso non lo è. I documenti attuali rendono chiara una di queste cose, ma pongono l’altra in termini ambigui e lasciano spazio agli uomini per giustificare un comportamento sessuale coercitivo.

Se i cattolici ritengono che l’insegnamento della Chiesa riguardi la protezione della dignità delle donne, questo deve cambiare. La dignità dell’intera persona di una donna deve essere riconosciuta al di sopra e prima della dignità della sua fertilità. Altrimenti continueremo ad avere una cultura che lascia le donne confuse sui loro diritti, obbligate verso i loro abusatori e colpevoli per la loro vittimizzazione.

[1]La conferenza episcopale statunitense

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2 Commenti

  1. Testo chiaro e illuminante, da divulgare in modo che il contenuto diventi di dominio pubblico e cambi le mentalità.

  2. Sono molto vecchia. Dopo la Humanae Vitae 1968 mi sentii offesa: che diritto aveva la Chiesa di entrare nella nostra camera da letto? “Per fortuna” trovai preti retti e attenti al problema e con diverse altre coppie intraprendemmo un percorso di “libertà e vero amore”. In fondo qualsiasi sistema è anticoncezionale, anche Ogino Knaus e la temperatura basale, così come il coitus interruptus o la pillola. Perché rovinare la vita di coppia con regole “anti umane”? Il giudizio del Signore ve lo racconterò a breve, quando mi chiamerà e lo vedrò faccia a faccia. Sono certa che avrà misericordia di una povera donna innamorata, che voleva la propria santità insieme a quella del marito.

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