Riflessione marzolina: siamo davvero diverse?

di Daniela Redolfi |

Foto di Markus Winkler su Unsplash

Dice il papa nell’incontro con la redazione di Donne Chiesa Mondo “Le donne hanno una capacità di gestire e di pensare totalmente differente da noi e anche, io direi, superiore a noi, un altro modo” e poi ancora nel messaggio dell’otto di marzo «Penso a tutte le donne: le ringrazio per l’impegno a costruire una società più umana, mediante la loro capacità di cogliere la realtà con sguardo creativo e cuore tenero. Questo è un privilegio solo delle donne»

La cosa mi fa pensare perché se mi guardo intorno, le donne che potrebbero marcare la differenza, perché ne hanno gli strumenti e la posizione,  non mi sembra proprio che lo facciano sempre. La capacità di gestire e di pensare in modo diverso a cui allude il papa non si vede certo nelle misure adottate nel Consiglio dei ministri a Cutro, pur presieduto da una donna (si legga a questo proposito l’articolo su Avvenire dal titolo “Difficile fare peggio” https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/difficile-fare-peggio) e neppure, francamente, nelle posizioni e i toni assunti dalla Presidente della Commissione europea rispetto alla guerra in Ucraina (se ci sarà un processo di pace, come le nostre preghiere chiedono, non sarà certo lei a condurlo e con lei purtroppo neppure l’Europa). Giusto per citarne due dichiaratamente cristiane.

Mi chiedo, quindi,  perchè ricorrere a questa retorica che mostra facilmente la corda: donne di relazione, di sguardi accoglienti, di capacità inclusive si affiancano ovviamente a quelle che usano una dialettica aggressiva, tagliano giudizi taglienti, manifestano un evidente desiderio di prevaricare. Come gli uomini, del resto.

Certo, di fronte ai discorsi che negano alle donne alcun valore questi  sembrano segnare un cambio di passo. Ma è veramente così?

E’ come se sotto sotto si dicesse “siccome ci siamo accorti che siete brave, o più brave di noi uomini, riconosciamo che possiate fare parte anche voi della comunità ecclesiale ricoprendo ruoli che prima non potevano essere vostri.”  Ovviamente non tutti, ma questa è un’altra storia.

Anche se espressa in totale buona fede, questa è una posizione che trasuda paternalismo e disparità. Perché il punto è proprio questo: la Chiesa non  è chiamata a  riconoscere il valore delle donne,  è semmai costretta dal Vangelo  ad ammettere che le donne sono destinatarie insieme agli uomini (e anche a  tutti quelli che non si riconoscono nella distinzione binaria) del progetto di Dio.

Se tutte le persone sono destinatarie di tale progetto, la Chiesa non può che favorirlo nel rispetto dei carismi e delle intenzioni di ciascuno, senza alcuna distinzione.

Sogno una Chiesa di battezzati che  diano ragione della speranza che è in loro senza trovare vincoli, limitazioni e distinguo nella comunità ecclesiale,  consapevoli  che il cammino di fede è complesso e che lo sguardo di misericordia non è una dote acquisita, tanto  meno è una virtù propria di un genere, ma una tensione costante a cui tutti siamo chiamati.

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