Testimonianza 25: chi regge la comunità?

Negli anni ’80 in provincia di Firenze esisteva una parrocchia di un centinaio di anime, in aperta campagna, che rischiò la chiusura per mancanza di sacerdoti. Essendo molta popolazione anziana, chiudere significava privare parecchi della messa domenicale ed eliminare un punto di ritrovo anche sociale. Un gruppo di persone, tutte non certo campioni di istruzione (nessun laureato: madri di famiglia, contadini in pensione, un’operaia con la quinta elementare sposata con un ragioniere) decise di appellarsi al cardinale. Il cardinale approvò. Di volta in volta il gruppo cercava un sacerdote libero che potesse dir messa. Una volta era alle 11, una alle 8.30, ci si adattava. Per più di dieci anni la parrocchia è stata gestita da laici, con un parroco di una parrocchia vicina che vigilava sui bilanci annuali. Laici che erano tutte donne, o quasi. Con a capo un’operaia con la quinta elementare, poi ministro straordinario dell’Eucaristia.

Era mia madre, venuta a mancare nel 2000. Lei poteva guidare una celebrazione in quei rari casi in cui non poteva esser presente un sacerdote. Non poteva consacrare né benedire. Ma poteva guidare la liturgia e distribuire le ostie già consacrate. Nel 1988 ha partecipato al sinodo diocesano come rappresentante laica della parrocchia con il pancione perché avrebbe dato alla luce mia sorella solo due mesi dopo.

La parrocchia è tuttora aperta, prima fu inglobata nell’unità pastorale limitrofa, mantenendo la sua piccola indipendenza. Poi è stata collegata, dopo la chiusura dell’esperienza seppur molto positiva dell’unità pastorale, a una parrocchia più grande. Tuttora una coppia di laici fa la gestione spicciola, ma non c’è più l’indipendenza economica che aveva un tempo. È stato un esperimento limitato nel tempo, piccolissimo nelle dimensioni. Ma funzionava. Ha funzionato finché c’erano persone volenterose e finché la gerarchia lo ha sostenuto. Mi vanto di averne fatto parte come spalla della mia mamma, che era una grande donna, ministro straordinario, catechista, madre, moglie, lavoratrice. E finché c’è stato il “nostro” cardinale abbiamo respirato un’aria che purtroppo in seguito, con il mutare dei tempi, non è rimasta. Se lo si vuole, è possibile. Dopo la fine di questa esperienza mi sono trasferita e ho purtroppo avuto la terribile esperienza di un matrimonio fallito, nonostante la mia fede. Da allora, non faccio più parte di nessuna attività parrocchiale, un po’ perché non mi sento “gradita” in questa nuova parrocchia… ero abituata a fare tante cose ma adesso è come se avessi perso la credibilità di testimone, non avendo una storia immacolata di famiglia riuscita. Un po’ anche perché non condivido certi atteggiamenti di chiusura estrema che allontanano le persone. Resto testimone di una piccola esperienza di guida femminile, confidando che un giorno magari possa essere di nuovo possibile e non solo in realtà così minuscole.

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