Appello pubblico alla professoressa Gabriella Gambino

DICHIARAZIONE PUBBLICA DI CATHOLIC WOMEN SPEAK E VOICES OF FAITH (versione originale qui)

Abbiamo letto con disagio l’articolo “Migrants show the West the real face of motherhood, Vatican official says”, scritto da Elisa Harris e pubblicato su Crux l’11 novembre 2018 .

Nell’articolo, Gabriella Gambino, sottosegretario che dirige la sezione “Vita” nel Dicastero dei Laici, Famiglia e Vita presenta una dicotomia tra le donne migranti africane presentate come “prototipo di maternità vissuta in sostanza” e le donne “occidentali” che presumibilmente vedrebbero “la maternità come una fatica, come una scelta, come una decisione produttiva”.

Come network di donne che attraversano molti paesi e una varietà di contesti, sentiamo di essere persone con percorsi di vita unici che non possono essere ridotti ai nostri continenti di origine. Le nostre vite sono incontri quotidiani con la grazia, lotta, gioia e dolore. Siamo persone, non copie di qualche prototipo filosofico ideale. Dobbiamo chiederci se una rappresentazione unilaterale delle donne africane, contro quelle occidentali, valorizzi le varie esperienze di vita delle donne reali o se non sia una nozione preconcetta artificialmente forzata in contenitori ideologici.

Anche noi conosciamo molte storie strazianti di donne che hanno concepito bambini in seguito ad atti di violenza. Anche noi conosciamo donne che sono emerse da queste esperienze credendo che il loro bambino fosse comunque un dono di Dio, la cui vita trascende le orribili circostanze in cui è stato concepito. Ma conosciamo altre donne che, spesso nella completa disperazione, mettono fine alle loro gravidanze, sia attraverso procedure mediche legalmente disponibili sia con pericolosi metodi “fatti in casa”, che a volte hanno danneggiato permanentemente la loro salute. Queste donne e le loro storie esistono in tutte le culture, di tutti i continenti e nel corso della storia. Crediamo che mettere a tacere le loro voci e negare le loro esperienze, per sostenere un ideale altamente romantico della vita materna, sia un tradimento delle realtà delle donne e infligga solo una sofferenza maggiore a coloro che, senza colpa, non sono riuscite ad essere all’altezza di questo ideale.

Al di là della falsa dicotomia tra donne occidentali e africane, riteniamo inutile e pericoloso idealizzare la sofferenza delle donne migranti. Sì, la violenza può far emergere forze eroiche nelle donne, ma la violenza annulla, rompe, paralizza e distrugge. Faremmo bene a concentrare la nostra attenzione sulle cause della violenza, dell’ingiustizia e della sofferenza e sull’accompagnamento concreto di coloro che ne sono colpite, piuttosto che mettere un’aura di desiderabilità intorno alle lotte coraggiose, ma traumatizzanti delle donne. Come cristiani sappiamo che la redenzione può essere trovata nella sofferenza, ma non dovremmo romanticizzare tale sofferenza e vestirla come qualcosa di desiderabile e degno di imitazione.

Scriviamo come donne che hanno esperienza diretta di vita e lavoro tra donne africane e rifugiate. Non neghiamo che alcune siano conformi alla descrizione di quell’articolo di Crux , ma è disonesto strumentalizzare la loro sofferenza usandole per negare le esperienze complesse, e spesso tragiche, della maternità per le donne e per svalutare e criticare le donne occidentali . Osiamo suggerire che la professoressa Gambino è essa stessa un esempio di ciò che è possibile per le donne, grazie alle preziose e sempre minacciate libertà per le quali le donne in Occidente hanno lottato, e alle quali aspirano anche le donne rifugiate: la libertà di essere più che solo madri e di non essere definite solo nei termini delle proprie capacità materne.

Facciamo appello alla professoressa Gambino affinché ricordi che nella sua posizione ha una responsabilità verso tutti i laici, donne e uomini, nella Chiesa. La invitiamo a un dialogo aperto, onesto e inclusivo su ciò che la femminilità, la maternità e la femminilità significano per le donne di fede. La invitiamo a lottare insieme a noi, domandandoci insieme come la violenza abbia un impatto sulle donne nel mondo di oggi in molti modi, anche nella Chiesa cattolica. Se è stata citata erroneamente o travisata nell’articolo di Crux , speriamo che rilascerà una dichiarazione che lo corregga.

Se la Chiesa cattolica di oggi deve testimoniare la fede in maniera credibile ed essere un ospedale da campo per i fedeli nel nostro mondo travagliato, è responsabilità di tutti noi – ministri ordinati o funzionari laici – “avere addosso l’odore delle pecore” e questo può accadere solo quando siamo disposti a entrare nel disordine della vita reale, senza l’illusione dei “prototipi”.

Chantal Götz, Managing Director, Voices of Faith
Petra Dankova, MSW, Advocacy Director Voices of Faith
Tina Beattie, Professor of Catholic Studies, University of Roehampton, Coordinator of Catholic Women Speak
Nontando Hadebe, Chair of Southern African Circle of Concerned African Women Theologians
Sheila Pires, Radio Veritas Producer and Presenter of “Catholic View Women Feature Programme” (South Africa)
Paola Lazzarini Orrù, Donne per la Chiesa

Mercoledì 14 novembre 2018

Articoli simili