“Cattolicesimo tradizionale” e feticizzazione delle donne

di Rebecca Bratten Weiss

(l’articolo è apparso su Patheos, versione originale qui)

Oggi, una pagina di Facebook chiamata “Traditional Catholic Femininity” ha condiviso un meme con una foto di due donne: a sinistra, una donzella modesta e guanti di pizzo con una cuffia anni ’50 (“donna 1950”), a destra una donna mezza rasata e un gran numero di piercing (“donna 2017”). La didascalia: “ECCO L’ENORME MIGLIORAMENTO GRAZIE AL FEMMINISMO”.
A parte il fatto che la “donna 1950” era in realtà un’immagine di una modella contemporanea, ma questa esaltazione di una immaginaria femminilità del passato è così ridicola che non so nemmeno da che parte cominciare.

Per prima cosa, che cosa ha a che fare un’estetica WASP anni ’50 con la tradizionale femminilità cattolica? Se cercassi un’immagine che rappresenta la tradizione delle donne nella chiesa,  potrei pensare a parecchie donne, da Maria di Nazareth a Dorothy Day – ma una modella che mette in mostra il retró degli anni ’50? Non c’è una logica razionale per questo, storicamente o teologicamente.

E mentre all’occhio contemporaneo il look degli anni ’50 può sembrare antiquato e addomesticato, all’epoca quel rossetto rosso adornava le labbra di molte donne, le faceva trasgredire i confini, ostentare la propria sessualità – e ne pativano le conseguenze.

I ribelli di oggi sono sempre condannati a essere i feticci della nostalgia confusa di domani.
In terzo luogo, perché supporre che la donna con il look anni ’50 non sia una femminista, e che quella rasata e col piercing lo sia? Le femministe si trovano in tutte le forme e dimensioni. Poiché femminismo significa reclamare la nostra autonomia personale e corporale, le femministe di solito scelgono i propri stili, e questi possono variare dal più tradizionale al più spigoloso, dal “modesto” al “sexy”. Non si può dire se una donna sia o meno una femminista solo guardandola. Siamo subdole in questo senso.
Ciò su cui voglio soffermarmi qui, tuttavia, è quanto questa esaltazione di “femminilità” e “modestia” è una specie di cosificazione. Ecco perché ho coniato il termine “modesty porn”: le immagini intese a propagandare una certa visione riduzionistica della modestia tendono a reiterare le ipotesi sulle donne e sul corpo femminile come “oggetto desiderabile”. Le immagini sono sempre di giovani donne, che mettono in evidenza la silhouette in un modo seducente, ma sobrio, non come la scollatura o le pose da pin-up. Ciò che le immagini dicono allo sguardo maschile è “puoi guardarmi, vedermi come un oggetto e desiderarmi, senza colpa!”. Inoltre dicono “sottomessa”, “obbediente” e “pura” (purezza che indica una tabula rasa su cui può essere scritto, uno spazio vuoto da riempire). Le donne sono sempre giovani, snelle e capaci E, naturalmente, sono sempre bianche: la feticizzazione della donna degli anni ’50 avviene in un contesto specificamente razzista, perché solo un razzista può romanticizzare la segregazione.
Non sono presentate come soggetti, come donne con un’interiorità e una storia. Sono solo per lo sguardo maschile. Non ci dicono molto sulle donne, ma piuttosto su ciò che un certo tipo di uomo pensa alle donne.
Le donne condividono queste immagini, ma penso che l’ossessione femminile per la porn modesty sia guidata, come avviene nei circoli patriarcali, dalle regole delle autorità maschili. Sentiamo dagli uomini, sin dalla tenera età: “questo è ciò che vogliamo e questo non vogliamo”. “Non trovo una donna desiderabile come questa”. “tale e talaltra qualità non sono attraenti per me”. Non ci viene in mente per molti anni, a volte, che questi uomini stanno rivendicando per se stessi un diritto divino, rendendo oggettivo il valore relativo dei propri desideri e preferenze.
Ho detto altrove che il capitalismo è un relativismo, perché riduce il valore del lavoro personale al flusso e riflusso della domanda e dell’offerta. Anche il patriarcato è una forma di relativismo, che attribuisce valore a una donna in base ai desideri e alle preferenze di un uomo.

Tradizionalmente cattolico?

No, in nessun senso.

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