Ricordare femminismi e dire grazie

di Sara Palmiero (socia)

Ricordare e ringraziare. Sono due verbi che sussurrano rispetto e gentilezza, radicamento e coraggio, slancio verso ciò che attende sorridendo a ciò che è stato.

“Colei che non sa interrogare,
non ha un passato, non ha un presente, non può avere futuro,
senza conoscere le proprie madri,
senza conoscere le loro collere,
senza conoscere le loro domande.”

Si apre così il contributo della teologa Alice Bianchi durante il secondo appuntamento della Piccola scuola “MAI SENZA DI TE” a Gallarate, con domande aperte alle storie di chi ci ha precedute e preceduti. 

Alice ha raccontato attraverso una mappa l’evoluzione dei diversi movimenti femministi, e ha spiegato come diversi fossero tra loro in disaccordo e come altri abbiano nutrito quelli più contemporanei. Ha poi affrontato il tema delle donne in teologia, la cui partecipazione avviene in Italia a seguito del Concilio Vaticano II. Le prime teologhe sono bibliste: l’accesso a questi studi ha permesso loro di riflettere intorno allo strumento che con più autorità le legava ad un’asimmetria ritenuta ingiusta.

Oggi, come emerge dal lavoro del Coordinamento Teologhe Italiane, la prospettiva di studio è interdisciplinare, ecumenica e integrale: per poter mettere insieme le diverse competenze in un orizzonte ampio e capace di allargare il pensiero ad una prospettiva ecologica.

Ascoltando le parole della relatrice emerge quanti siano i volti e le storie delle donne che hanno portato riflessioni e cambiamenti di prospettiva rispetto alla questione di genere nella Chiesa. Donne il cui pensiero ha messo radici e dato frutto nei diritti di cui godiamo oggi, che abbiamo il dovere di custodire e riseminare.

Mi hanno colpita il coraggio e la tenacia di Elisa Salerno, femminista cattolica che all’inizio del secolo scorso si è spesa per la “causa santa della donna”, contribuendo alla crescita della Chiesa rimanendone parte.

Se la questione di genere appare ancora così scomoda oggi, posso solo immaginare quanto lo sia stato per lei e quanto potesse esserlo per Christine de Pizan, che nel 1405 scrisse “La città delle dame”, primo testo scritto da una donna in supporto e a difesa del genere femminile. O ancora per Mary Daly che, richiamando gli scritti di Simone de Beauvoir, ha sottolineato quanto il cristianesimo abbia contribuito a rimarcare l’oppressione delle donne.

Credo che la nostra consapevolezza passi per una memoria necessaria e costante, in una storia che si nutre di passaggi di consegne tra generazioni; e ringraziare altro non è che il passaggio successivo, un ponte tra ciò che ci è stato consegnato e lo spazio di azione che si crea.

Penso, allora, sia necessario far risuonare il nostro grazie a donne come loro, che hanno reso il cammino più tracciato e percorribile, aprendo strade che ora possiamo continuare a costruire accanto a chi donna non è. 

“mi reggo in piedi
sui sacrifici
di milioni di donne prima di me
pensando
cosa posso fare
per rendere più alta questa montagna
in modo che le donne dopo di me
vedano più lontano”

– lascito
rupi kaur

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