Abusi: report a confronto

Analisi comparativa tra la “Perizia indipendente sugli abusi sessuali nella Diocesi di Bolzano-Bressanone” a cura dello Studio Legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera e la “Terza Rilevazione sulle attività dei Servizi territoriali di tutela minori e adulti vulnerabili” a cura del Servizio nazionale per la tutela dei minori a cura della Conferenza Episcopale Italiana
di Stefania Manganelli
Nei mesi scorsi, i gruppi territoriali di Donne per la Chiesa di Lombardia, Emilia Romagna, Genova, Torino, all’indomani della presentazione della Perizia indipendente sugli abusi sessuali commissionata dalla Diocesi di Bolzano-Bressanone, hanno scritto alle rispettive Conferenze Episcopali Regionali chiedendo se tale “modello” potesse essere assunto anche in altre Diocesi. Mentre la CEER non ha risposto, gli altri hanno confermato la volontà di seguire il “metodo CEI”, ritenendolo un valido strumento “per far luce sull’accaduto e prevenire i ripetersi di analoghi drammi” (cit. risposta Vescovo Napolioni per la Lombardia).
Il 28 maggio u.s. è stata presentata la Terza Rilevazione CEI realizzata secondo tale “metodo”. Ecco un riscontro.
Ho ascoltato la presentazione della Terza Rilevazione sulle attività dei Servizi territoriali di tutela minori e adulti vulnerabili a cura del Servizio nazionale per la tutela dei minori della Conferenza Episcopale Italiana (https://www.youtube.com/watch?v=a8-s5PTncM8&t=5121s). L’ho confrontata con la presentazione della Perizia indipendente sugli abusi sessuali nella Diocesi di Bolzano-Bressanone a cura dello Studio Legale Westpfahl Spilker Wastl di Monaco di Baviera (https://vimeo.com/1047464669), che ho peraltro approfondito nella rubrica “Il coraggio di…” (https://www.donneperlachiesa.it/il-coraggio-di/ ).
Appare evidente la prospettiva profondamente diversa che anima i relatori: se i primi (a Bolzano) si concentrano sulla lettura dei risultati, in numero e in qualità, rilevandone le diverse e profonde implicazioni nei diversi ambiti, i secondi (a Roma) appaiono estremamente (ed esclusivamente) intenti difendere la bontà del lavoro svolto, giustificando con molti giri di parole quanto il metodo scelto (dell’indagine interna sul funzionamento degli organi interni) risulti molto, molto “positivo” ed efficace.
Il grosso problema pare proprio qui: da parte della CEI viene quasi rocambolescamente spiegato quanto la competenza dei membri o la capillarità territoriale dei centri di ascolto diocesani siano condizioni essenziali per creare ambienti credibili, al fine di “attirare” le denunce delle vittime. Tutto qui. MAI, MAI, MAI si accenna alla necessità dell’emersione, della presa di coscienza, del riconoscimento dell’esistenza di cause (sistemiche!) che portano gli autori all’abuso.
Vale la pena riportare per iscritto un passaggio cruciale, che evidenzia quanto sopra accennato.
Ad un certo punto, al minuto 1,25, Monsignor Herrera (segretario della pontificia commissione tutela minori) sembra interrogarsi proprio su questo, ma la stessa domanda non riesce ad andare “oltre”. Si chiede Herrera:“…nella chiesa italiana in termini pratici possiamo articolare la riflessione in 2 direzioni. Da un lato: come possiamo verificare se stiamo semplicemente creando strutture efficaci per la gestione delle denunce, raccolta delle segnalazioni e monitoraggio dei processi? E dall’altro lato: come valutare se stiamo realmente sviluppando un approccio culturale che…”
… e qui mi sarei aspettata: che porti a ricondurre alle cause degli abusi in modo che non si realizzino più? E invece la frase prosegue con
“…che incoraggi le vittime non ancora emerse a fidarsi della nostra serietà, favorisca produttivamente l’emersione di casi sommersi e come si trasformi in meccanismi di tutela in strumenti da reattivi a fattori preventivi?” Insomma, pare siano ancora le vittime che, attraverso le loro più numerose denunce possano fornire aiuto per creare strumenti preventivi. Non si fa cenno alla primaria responsabilità (e a tutto quello strettamente connesso a ciò) degli autori di abuso (che, peraltro, come individua la Rilevazione, sono pressochè tutti uomini e quasi tutti chierici o religiosi).
Subito dopo l’intervento di Herrera, viene fatta una esplicita domanda proprio sull’indagine di Bolzano:
“Il modello scelto dalla Chiesa italiana è evidente dalla fotografia che emerge dalla rilevazione ed è peculiare. Altre chiese hanno scelto altre strade. La chiesa tedesca si è affidata ad un ente esterno, diciamo per la rilevazione, anche rispetto a casi avvenuti nel passato, anche risalente a molti anni prima. La Chiesa francese ha scelto un altro modello, più di proiezione statistica… io volevo chiedere, alla luce di questo, per quale motivo la Chiesa italiana ha preferito scegliere questo tipo peculiare di modello? E poi abbiamo visto che però una diocesi, la diocesi di Bolzano, invece, in qualche modo ha seguito il modello tedesco, applicato in maniera naturalmente per la propria dimensione e per la propria proporzione. Quella modalità e quindi la scelta che ha fatto poi la diocesi di Bolzano potrà essere una via che anche altre diocesi potranno seguire se vorranno?”
Baturi: “La diocesi di Bolzano ha confermato la bontà del sistema italiano dichiarandolo in modo espresso (forse è stata “obbligata” a dichiararlo?!?) e ci troviamo di fronte a un fenomeno così come sta emergendo che richiede la… la predisposizione di strumenti di contenimento. Di superamento… è che stiamo sperimentando, in presa diretta, man mano, per cui anche le esperienze estere non sono uguali, esattamente come da lei detto… ogni conferenza episcopale ha individuato un sistema diverso, su cui… c’è quello portoghese, poi c’è quello spagnolo. Ci sono, c’è quello irlandese, c’è quello australiano che ha delle tipologie diverse. Questo significa che anzi, nel concerto della Chiesa cattolica può risultare molto utile che la valutazione venga fatta a posteriori rispetto a dei metodi di ricerca che possono essere anche parzialmente diversi, purché l’obiettivo sia lo stesso, la tutela, la verità e la giustizia e la riparazione del danno. Il motivo per cui noi ci siamo attivati in questo modo è che avevamo già nel 2019 una rete territoriale che già nel 2019-2020 avevamo un’azione… infatti i 5 punti sono del ’21, se non sbaglio… avevamo già un’attività di informazione che alcune diocesi italiane vedi Bergamo aveva già predisposto delle misure per la messa in sicurezza degli ambienti e quindi abbiamo pensato anzitutto di potenziare questa realtà che già vedevamo in atto, in azione dentro tanti diocesi, mettendoli in rete, predisponendo dei… degli strumenti di formazione e di di prevenzione. E il tema della rilevazione per noi è stato duplice. Innanzitutto, consentire a noi di vagliare, come mi pare ha detto anche Monsignor Herrera, la bontà del nostro sistema; una volta messo in campo come un allenatore dobbiamo poi renderci conto se funziona lo schema, se dobbiamo cambiare schema o meno. Il tema dello studio pilota e della rilevazione, si, nasce da da un ragionamento, sapendo che questo è un primo tassello che può aprire la strada ad altre realtà. Lo studio del dei casi emersi in sede istituzionale ci può dare una certezza particolare nell’esame, evidentemente statistico e cumulativo, circa i casi, l’evoluzione, il modo in cui siamo stati capaci di trattarli. Quali condanne, a quali condanne sono stati soggetti gli autori riconosciuti tali e quali sono stati i casi per cui si è stati condannati e la la fisionomia della vittima nel contesto sociale familiare nell’età, nel sesso… Questo ci permette di valutare da subito saggiando la nostra capacità di rilevare, come Istituzione, il fatto, di accertare la verità, di punire il reo, di attivare processi di guarigione; la nostra capacità di attivare strumenti pastorali nelle parrocchie, nelle scuole, nelle associazioni per accorgerci dei problemi, prevenirli formando persone. Anche questo viene svolto da istituzioni indipendenti e molto qualificate, l’Istituto di vittimologia dell’Università di Bologna e l’Istituto degli Innocenti di Firenze e che considereranno i dati, noi li avremo alla fine e faremo anche le nostre riflessioni, non solo scientifiche, ma quelle ecclesiali, sapienziali. E poi tutti pubblicheremo, e a partire da questo studio pilota, così l’abbiamo chiamato, poi è possibile pensare anche ad altro… È… un tentativo… Serio. Attendibile. Penso che meriti lo stesso rispetto degli altri messi in campo e… Pronti poi a continuare dopo il 2026 secondo altre modalità.”
A completare il “confronto” fra il Report di Bolzano e la Rilevazione della CEI vale la pena riportare gli indici dei 2 documenti:
REPORT BOLZANO

RILEVAZIONE CEI
