NUOVO PROTAGONISMO FEMMINILE: LAVORI IN CORSO

di Maria Ilaria de Bonis

Se la condizione dei laici nella Chiesa migliora, necessariamente migliorerà anche quella delle donne. Un tempo l’espressione usata era donna, uguale laico al quadrato; oggi questa metafora matematica si arricchisce di qualche sfumatura in più. A parlarcene sono due teologhe: Marinella Perroni e Simona Segoloni Ruta, entrambe del Coordinamento teologhe italiane.

«Grazie al papato di Francesco migliora la consapevolezza di cosa vuol dire essere Chiesa – spiega Simona Segoloni – , della partecipazione viva di tutte le componenti ecclesiali e non solo di quelle clericali. Il risultato è un maggior protagonismo del Popolo nel suo insieme (uomini e donne), che non si vedeva da tempo».
L’apertura di Francesco alla Chiesa di tutti e non solo dei preti, dice la teologa, «migliora la condizione generale, compresa quella delle donne che pagavano maggiormente lo scotto di una struttura clericale. Non appartenendo al clero, erano di fatto escluse da una certa idea di Chiesa, rimanevano senza parola, responsabilità e soprattutto senza significanza». Non che oggi le cose siano totalmente diverse rispetto a dieci anni fa, puntualizza Segoloni, ma certamente l’aria che si respira è meno castigante. «C’è più libertà o meglio più significanza: quello che il laicato dice e pensa è diventato più ecclesiale».
Anche per la teologa Marinella Perroni, l’era di Francesco ha in qualche modo riorientato le antenne maschili: «Adesso che il Papa ha aperto il paracadute son diventati tutti più attenti alla questione femminile: Papa Francesco è latinoamericano, è molto concreto, non fa l’apologia della donna come entità astratta, o delle sue virtù. Ma il punto è che è la Chiesa nel suo insieme a doversi preoccupare di essere segno per tutti e non solo per alcuni. Dobbiamo portare avanti una Chiesa capace di riconciliare se stessa, e questo comporta cambiamenti, significa coraggio. Finchè non si tocca la struttura verticistica e gerarchica e clericale non se ne esce».
Simona Segoloni dice che quest’aria nuova introdotta da Francesco e che per ora investe come un fiume in piena il laicato, non è solo il frutto di una comunicazione efficace ma il risultato di documenti pontifici che abbattono, almeno idealmente, le barriere del verticalismo.
«A livello di documenti papali c’è stato un progresso enorme: quello che i media restituiscono è la capacità e l’immediatezza del Pontefice di bucare lo schermo, ma la verità è che proprio leggendo i documenti, a partire dall’Evangelii Gaudium, ci si rende conto dello spessore che il Papa attribuisce a tutto il popolo di Dio. Questo non solo recepisce l’ultimo Concilio ma dà ampio spazio alle donne».
Semmai il problema è che «ci troviamo all’interno di un paradosso ecclesiale: un Papa che è più avanti della maggior fetta del laicato e del clero stesso. Eravamo abituati ad un sentire diverso».
Dunque, l’ostacolo non viene tanto dall’alto (il pontefice non mette freni) ma dalle fasce basse, medio-basse e intermedie, da certa resistenza culturale dura a morire, tanto che, dice Segoloni, «prima che si arrivi a comprendere cosa significhi davvero un laicato adulto e protagonista, ce ne vorrà, perché negli ultimi decenni siamo stati abituati ad un laicato più suddito che altro».
Inoltre, «in una struttura ancora pensata gerarchica e piramidale – dice Segoloni – un soggetto, come la donna, che di suo non ha neanche la lontana possibilità di accedere a questa dimensione, istintivamente è considerato un po’ meno importante. Se io penso ad un religioso o ad una religiosa non li penso nello stesso modo: non c’è lo stesso protagonismo ecclesiale tra uomo e donna».
La teologa Marinella Perroni si dice scettica sulla tenuta di una visione progressista al femminile, che pure esiste, ma che richiederebbe una ‘rivoluzione culturale’ enorme, a partire dalla definizione stessa di potere: «Non è la prima volta che esplode l’istanza delle donne di esserci ed essere considerate. Certo, la forza di oggi sta nei mezzi di comunicazione e nella globalizzazione del fenomeno. Ma non mi fido: più studio la storia delle donne e più vedo che ci sono stati momenti importantissimi in cui tutto è stato detto e poi passi indietro enormi; ma oggi l’ampiezza e vitalità del fenomeno e la radicalità che comporta ha posto le basi per pretendere un ribaltamento del sistema». Entrambe le teologhe parlano di un sistema maschile che ci sovrasta, fuori e dentro la Chiesa. Commentando la recente iniziativa di un Manifesto di donne per la Chiesa, firmato da Paola Lazzarini Orrù e da altre 70 persone impegnate a vario titolo nel mondo ecclesiale italiano, Segoloni dice che «è lodevole: anche nella Chiesa, come donne subiamo ingiustizie, ma è molto più difficile dire metoo. Siamo dentro un sistema di potere maschile, e ci siamo tutti, l’intera società. Un documento simile è necessario ma siccome il sistema è questo, implica soprattutto una serie di cambiamenti nelle relazioni personali, interpersonali ed interiori: il sistema ci sovrasta in qualche modo».
In un passaggio del Manifesto si legge: «Rivendichiamo la nostra assertività come una ricchezza per le nostre comunità e non accettiamo di mostrarci deboli per lusingare la forza maschile. Amiamo gli uomini e siamo al loro fianco con amore, corresponsabilità, rispetto e stima. Allo stesso modo vogliamo offrire ai nostri Pastori una collaborazione fatta di reciprocità, valorizzazione delle differenze, rispetto e stima». Segoloni aggiunge che: «Ci vuole un po’ di eroismo all’inizio quando si cambiano i sistemi, soprattutto se non si usa la violenza. Le rivoluzione avvengono o con la violenza o col martirio!».
L’altro grosso tabù, oltre a quello del sistema di potere, è il tema della democrazia nella Chiesa: Marinella Perroni lo affronta senza farsi illusioni. «E’ convinzione di tutto l’apparato che la Chiesa non può essere democratica, dopodichè ci vorranno generazioni intere per avvicinarsi ad un concetto di autonomia e decentramento da Roma: se si riesce a costruire una dinamica di maggior attenzione alle autonomie locali, al fatto che i vescovi siano davvero responsabili della porzione di popolo che è stata loro affidata, ci si potrebbe avvicinare all’idea di democrazia. E questo potrebbe essere di grande esempio alle politiche secolari: la capacità di dialettica tra centro e periferie, tra vertice e base». Un ribaltamento di prospettiva che aiuterebbe anche l’emersione delle donne e delle loro istanze.
A proposito dei lavori della Commissione sul diaconato femminile, costituita il 2 agosto 2016, per studiare la questione, soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa, Simona Segoloni spiega: «il fatto che ci fossero delle donne diacono nella Chiesa antica è un’evidenza ormai, la commissione ha più da fare nell’offrire al Papa la modalità concreta di un possibile diaconato oggi, tenendo conto delle resistenze fortissime e che sono di pancia, istintive. C’è una sorta di ribellione alla sola idea, come una volta c’era una resistenza all’idea che la donna potesse fare il chirurgo!».
Per finire, entrambe le teologhe affermano che: «Questo momento storico è veramente significativo». Se non diventiamo significativi ora, come Chiesa che è testimonianza evangelica non abbiamo certezza del dopo. «Bisogna cogliere l’opportunità di conversione e rinnovamento dentro il nostro contesto storico».

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