Perché la passione di Francesco per la giustizia e l’unità si arresta davanti alle donne?

di Jamie L. Manson (apparso su NCRONLINE.ORG)

 

Nel giugno 2016, poco dopo aver annunciato che avrebbe creato una commissione per lo studio della storia delle donne diaconi nella Chiesa cattolica, Papa Francesco ha scherzato con i giornalisti dicendo: “Quando non vuoi risolvere qualcosa, fai una commissione”. Pare che, dopotutto, non stesse scherzando.

Il 7 maggio, a bordo del volo papale dalla Macedonia a Roma, Francesco ha annunciato che, dopo tre anni di studio, la commissione papale non è stata in grado di trovare un accordo e dare una “risposta definitiva” sul ruolo delle donne diacono nei primi secoli del Cristianesimo. Ha detto che restava poco chiaro se le diaconesse ricevessero o meno un’ordinazione sacramentale.

“Non c’è certezza che si tratti di un’ordinazione con la stessa formula e la stessa finalità dell’ordinazione maschile”, ha affermato.

Chiunque abbia mai ascoltato Francesco parlare delle donne sa perché questa è una distinzione così cruciale per lui. Come i papi prima di lui, Francesco ritiene che le donne non abbiano diritto al potere o all’autorità sacramentale e che sia volontà di Dio che uomini e donne abbiano ruoli diversi nella chiesa.

Durante l’udienza in chiusura dell’assemblea dell’Unione delle Superiori Generali (UISG) – le religiose che avevano spinto il Papa a istituire la commissione di studio sul diaconato delle donne – svoltasi lo scorso il 10 maggio a Roma, il Papa ha detto che i singoli membri della commissione proseguiranno gli studi per conto proprio, ma è rimasto vago riguardo al fatto se li chiamerà per ricominciare a lavorare insieme.

“Non ho paura degli studi”, ha detto Francesco a bordo dell’aereo. Può essere vero, ma ciò che sta diventando sempre più chiaro è che il Papa ha paura che le donne nella sua Chiesa abbiano persino il minimo di partecipazione sacramentale che il diaconato avrebbe dato loro.

Per quale altro motivo avrebbe messo in discussione ciò che decenni di studi hanno reso abbondantemente chiaro? Vi sono ampie prove storiche che le donne hanno servito come diaconi. È persino nel canone della Bibbia: Paolo menziona la diaconia Phoebe nella lettera ai Romani.

Spaccare il capello della storia in quattro non è ciò che per cui è noto per il papato di Francesco. Nel 2015, il Papa ha detto ai vescovi al Sinodo sulla Famiglia “che la Chiesa non dovrebbe essere un museo di memorie”, ma che deve avere il coraggio di cambiare se è quello che Dio vuole.

Durante la Giornata Mondiale della Gioventù del 2013 ha riconosciuto che molte persone vedono la Chiesa come una “reliquia del passato” e “prigioniera delle sue rigide formule”.

Ma piuttosto che mostrare il coraggio e l’apertura a cui chiama costantemente tutti gli altri nella Chiesa, Francesco incolpa la sua commissione per avere interpretazioni diverse della storia, facendo dipendere interamente da uno sfuggente precedente antico i progressi disperatamente necessari  per la condizione delle donne.

Il Papa sembra addirittura incolpare Dio di non rivelarci se le donne potrebbero avere un’ordinazione sacramentale: “Non possiamo andare oltre la rivelazione, se il Signore non ha voluto un ministero sacramentale per le donne, non va. ”

E poi il Papa, che così spesso predica apertura e inclusione avverte che, se non ci piace, siamo invitate a lasciare la Chiesa: “Non possiamo andare oltre la rivelazione e le espressioni dogmatiche”, ha detto Francesco alla UISG. “Siamo cattolici: se qualcuno vuole fare un’altra chiesa, è libero di farlo”.

Questa linea è particolarmente lampante se letta nel contesto dei paesi in cui Francesco ha viaggiato e delle persone che ha incontrato e a cui ha dimostrato apertura nei mesi scorsi.

Questo è un uomo che ha visitato otto paesi a maggioranza musulmana incontrando innumerevoli imam, tra cui un viaggio di febbraio negli Emirati Arabi Uniti dove ha firmato, con il grande imam della moschea al-Azhar in Egitto, una dichiarazione prima nel suo genere che invita musulmani e cristiani a costruire insieme “una società aperta, fraterna e rispettosa delle differenze”.

Ad aprile ha letteralmente baciato i piedi dei leader del Sud Sudan nel tentativo di invitarli a rimanere in pace.

E questo recente viaggio in Bulgaria e nel nord della Macedonia è stato uno dei tanti tentativi di raggiungere i leader delle chiese ortodosse orientali nella sua continua ricerca di una piena comunione tra le chiese cattolica e ortodossa.

L’energia sconfinata di Francesco e la sua dedizione alla pace e alla giustizia sono in netto contrasto con il modo esitante con cui tratta la questione delle diaconesse nella sua stessa Chiesa. Il suo appassionato impegno per l’unità tra le chiese e con le persone di altre fedi, sembra fermarsi quando si tratta delle donne della sua stessa Chiesa che chiedono semplicemente modi più inclusivi per servire.

Quest’ultimo episodio è solo uno degli esempi che da sempre giustificano la disuguaglianza di genere della Chiesa cattolica e che sono la radice della sofferenza delle donne a livello globale. E questa è una tragedia perché il potere di Francesco sulle coscienze dei leader mondiali potrebbe avere un’influenza incalcolabile sul raggiungimento di una vera uguaglianza per le donne, anche nei paesi che visita, molti dei quali hanno ancora culture apertamente restrittive e patriarcali.

Ma, purtroppo, i patriarchi sembrano ancora dominare l’immaginazione religiosa di Francesco. È interessante notare che nella stessa conferenza stampa, a bordo dell’aereo, in cui Francesco ha fatto i suoi commenti sulle donne diaconi, il Papa ha anche riflettuto sulla ricchezza del suo incontro con il patriarca ortodosso bulgaro Neophyte, secondo Joshua McElwee dell’NCR:

“Nei patriarchi ho trovato fratelli”, citando il nome del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e di Mosca Kirill. “Non voglio esagerare, ma voglio dire la parola ‘santo’ – uomini di Dio”.

“Siamo fratelli”, ha detto Francesco “Non possiamo adorare la Santa Trinità senza avere le mani unite dei fratelli”.

Ma che dire delle 850 sorelle che gli stavano di fronte a Roma chiedendo i passi fondamentali per dare alle donne una parvenza di eguaglianza con gli uomini?

Sembra che Francesco inviterà molto prima questi “uomini santi” ortodossi a una più profonda unione sacramentale e alla partecipazione alla Chiesa cattolica di quanto non farà per le religiose nella sua stessa Chiesa – molte delle quali hanno lavorato “all’ospedale da campo” per più di 50 anni.

L’anno scorso, il documento finale del Sinodo sulla gioventù ha definito l’inclusione delle donne nelle strutture decisionali della chiesa un “dovere di giustizia” che richiede una “coraggiosa conversione culturale”.

Ma anziché trattare la questione delle donne diaconi con la stessa urgenza con cui tratta tante questioni di giustizia, Francesco ha comunicato – come tanti papi prima di lui – che l’ammissione delle donne alla leadership richiede ulteriori interrogativi, e la loro partecipazione al ministero al fianco degli uomini potrebbe essere un passo pericoloso e, quindi, indefinitamente in stallo.

Nei sei anni del suo pontificato, Francesco è stato celebrato per le sue continue richieste di coraggio, incontro, dialogo e assunzione di rischi. Quanto dobbiamo aspettare perchè offra lo stesso trattamento alle donne della sua stessa Chiesa?

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Un commento

  1. E parallelamente a questo il discernimento vocazionale per i maschi che chiedono di accedere al presbiterato in molte diocesi non esiste più da decenni se mai è realmente esistito. Ben pochi vescovi osano dire no a maschi immaturi che chiedono di entrare i seminario. I risultati sono sotto i nostri occhi. Non è fare di tutta l’erba un fascio. Anche io conosco presbiteri degni e capaci ci mancherebbe! Ma ne conosco molti assolutamente fuori luogo. E non parlo di abusatori ma di persone immature che nel fare il prete hanno trovato un posto di lavoro e di vita. La legge fondamentale della domanda e dell’offerta vale anche per le vocazioni. Sono poche e non si dice di no a nessuno. Non voglio dire che il presbiterato dovrebbe essere concesso alle donne per supplire alla mancanza di maschi vocati. Dico che sulla teoria sulle donne si fanno studi. Sulla capacità di un singolo maschio di assumere gli oneri e le responsabilità del presbiterato si può sorvolare.
    E così non solo noi donne non abbiamo ruoli decisionali ma spesso ci confrontiamo con maschi così immeritevoli e incapaci rispetto al ruolo che ricoprono che non ci resta davvero che andare da un’altra parte a spendere i nostri talenti, anche perché spendere i talenti è un dovere!

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