“Una spina nella carne mi è stata data”: un incontro con Paolo (quarta parte)

di Silvana Baldini

La stanza che Paolo a Corinto aveva eletto come suo quartier generale era piccola, quasi del tutto occupata dal telaio e dal pagliericcio di foglie. Pure, a quelle tre parole proferite dall’ortolana, a quell’io l’ho conosciuto  buttato lì come la cosa più naturale della terra, Paolo ebbe la sensazione che tutto intorno a lui si capovolgesse. Il pavimento volteggiò in aria e le travi del soffitto si liquefecero di botto e lui si sentì come uno che non sa dove aggrapparsi.

-Stai scherzando?-

-No-

-Tu, donna, mi stai dicendo che davvero ti ricordi di…di Lui? che l’hai visto…da, sì insomma, …da vivo? Ma sei sicura?-

Lei aveva già un piede fuori dalla porta ma si fermò. Guardò quell’uomo disteso dall’aspetto sofferente e rispose

-Perché te ne stupisci? Non l’ho visto solo io. A Gerusalemme l’abbiamo visto in tanti…-

Lui con tutte le forze cercava di non crederci.

– Ma…intendo dire…sei sicura che fosse proprio Lui?  La gente più disparata arriva a Gerusalemme per le feste, maghi, astrologi, indovini… quanti altri possono attirare l’attenzione della folla? Quanti ce ne sono ancora che dicono di essere il Messia? –

L’ortolana parve offesa. Depositò a terra il cesto e proferì

-Sentimi bene, tu intendi quel Jeshua Ha-Nozri detto il Galileo, no? Ti dico che l’ho visto e più volte. Sono vecchia ma non del tutto instupidita. – lì si fermò e aggiunse- Sebbene sarebbe meglio se lo fossi diventata davvero stupida, visto tutto quello che ho passato e le cose orribili che ho visto nella vita. Compresa la fine di lui, di quel tuo rabbi.-

-Scusami, scusami – si corresse febbrilmente lui – Sono stanco e ho ancora male alla testa…non…non misuro le parole. No, non te ne andare, te ne prego – la tirò per un lembo della gonna – Resta qui. Devi raccontarmi. E’ importante. –

-Non posso restare. – disse lei – Che diranno giù in cucina?-

-Parlerò io con Prisca. Tu siediti-

Con aria rassegnata la vecchia si sedette sullo sgabello davanti al telaio e incrociò le mani in grembo come si fa con i bambini

-Che cosa vuoi sapere? Avanti-

-Tutto. Voglio sapere tutto. Dov’era, com’era, dove eri tu, cosa disse Lui, quando…-

– Piano. Dove era…era in diversi posti.

-Cosa vuoi dire?-

-Voglio dire che lo incrociai diverse volte; intanto quando arrivò in città. Era sopra una bestia, un cavallo, un asino…non so, entrava per una delle Porte Orientali. Aveva intorno un sacco di gente. Anche donne. Fu questo che mi colpì. In giro ce ne erano tanti di tipi strani in quei giorni…ma che avessero il coraggio di farsi vedere con le donne, no. Solo lui.-

-Ma…ma lui, Lui…com’era?-

-Beh, che faccia avesse questo non me lo ricordo. Però un particolare mi è rimasto impresso: feci caso che aveva addosso un tallith con le frange scucite, tanto che pensai: ragazzo mio, devi essere proprio un senza casa se per te nessuno prende in mano un ago!-

Paolo non era interessato a quelle osservazioni da domestica

-Ma, senti,  lui parlava? Diceva qualcosa? Disse qualcosa a …a te?-

Lei si spazientì

-Come vuoi che mi parlasse in quella confusione? E poi perché avrebbe dovuto? Io non ero dei suoi, ero una qualunque della folla-

-E poi? Poi lo vedesti altre volte?-

-Sì, un’altra volta, ma sempre così, di lontano, in mezzo alla calca.

– E dove?-

-In città, al mercato davanti all’Ippodromo. Ero andata ( mi ci avevano mandato) a comprare una misura di cinabro. Sentii un rumore di gente, mi voltai e…era lui che arrivava con un codazzo di seguaci, amici, ammiratori…non so neanch’io come chiamarli. Era a piedi questa volta. Notai che aveva sempre quello strappo nell’orlo, che nessuno glielo aveva riparato. Mi passò davanti in mezzo ai suoi e si perse via oltre il colonnato –

Paolo tacque. Sembrava incerto, forse anche deluso.

-Ma.. senti. Prima tu hai detto di averlo conosciuto. Questo che mi hai raccontato finora non è “averlo conosciuto”, tu l’hai visto di lontano, in definitiva non siamo neanche certi che fosse lui, poteva essere anche chissà chi.-

Lei sbuffò

-Se ti dico che l’ho conosciuto è perché l’ho conosciuto. Lo vidi una terza volta e precisamente quando lo presero e lo tolsero di mezzo; tu puoi crederci o non crederci ma io al suo interrogatorio, beh sappi che io c’ero. Ma questa, mio caro, è un’altra storia.-

 

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